La leggenda dei “cuzzari” e l’identità del territorio
La leggenda tramandata dai cannolesi riporta che i fedeli disposti in processione durante la festa in onore del patrono di Cannole San Vincenzo Ferreri, sorpresi da un temporale, avrebbero interrotto il rito ricoverando il Santo in un posto di fortuna per poi ripararsi nelle loro case. Cessato il temporale, si sarebbero recati nei campi a cercare le lumache, che escono dalle loro tane in seguito alla pioggia, piuttosto che a raccogliersi nuovamente in preghiera. La bontà del prodotto, difatti, lo contrassegnava come piatto ricercato e gradito alle tavole dei contadini.
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Cultura popolare e autenticità
La Festa della municeddha è fortemente immersa nel folklore, fatto endogeno al territorio che si fa custode dei canoni estetici ed espressivi della cultura popolare. In tale quadro di analisi risulta fondamentale la capacità della comunità di veicolare la propria cultura: quest’ultima viene condivisa con i turisti senza che venga intaccata la sua autenticità perché operata attraverso gli autorevoli canali nei quali operano i creatori di questa cultura definita non egemone. La sagra è, a tutti gli effetti, uno di questi canali.
La forza della Festa della Municeddha, sagra nel suo contenuto simbolico e rituale e festa nel suo profilo socio-demologico risiede dunque, nell’offerta non di un prodotto qualsiasi, ma di quello che più identifica Cannole e che porta con sé, quindi, l’intero patrimonio culturale del paese. Come il teatro, la musica e le arti espressive, anche il cibo trova nel contesto di festa la possibilità di riscoprire la propria autenticità e di trasmetterla in maniera inalterata ai turisti.
La festa popolare è senza dubbio la più forte dimensione aggregativa di una co- munità. Detta affermazione trova riscontro negli studi degli antropologi secondo i quali l’uomo non può affermarsi in quanto tale se non inserito in un gruppo.
Stando a tale analisi è nell’organizzazione sociale che viene rintracciata l’essenza dell’individuo.
L’identità stessa dell’essere umano emerge sempre come identità sociale poiché, come sostiene l’antropologo francese MarcAugé, pensare ad un individuo significa sempre pensarlo in relazione con l’altro.
L’importanza della festa è stata ampiamente trattata da J. J. Rousseau, il quale ne ha sottolineato la valenza pedagogica. Ponendosi come obiettivo la formazione di un popolo che potesse rinnovare le salde virtù patriottiche, il filosofo ha considerato la festa un’occasione di divertimento, strumento di costruzione civile e di unificazione sociale: