Cannole nell’Antica Grecìa
Alla stregua del resto dei comuni salentini, Cannole conserva le testimonianze del passaggio di numerosi popoli come i Messapi, primo popolo civile a giungere nel Salento per via marittima, e i Romani che ne apprezzarono la posizione strategica in vista delle battaglie per la conquista dei Balcani e della Grecia. Molti altri popoli cercarono di sfruttare questo estremo lembo della penisola come ponte tra Oriente e Occidente: Saraceni e Bizantini, nonché Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini e Aragonesi vi si sono sospinti nei secoli dalle coste o dall’entroterra.
Le informazioni in campo archeologico, numismatico e documentale, seppur esigue, sono sufficienti a comprovare ondate migratorie dalla Grecia verso il Salento succedutesi nella storia millenaria. In particolare, la grecità del territorio, fortemente attiva fino al Cinque-Seicento, poi affievolitasi nei secoli successivi fino quasi a scomparire nel Novecento a causa di intensi processi di omologazione culturale, è facilmente riscontrabile nella cultura e nella lingua locale. A tal riguardo, degna di un accenno è l’area della Grecìa Salentina dove risiede una comunità che, ancora oggi, conserva lingua, cultura e tradizioni d’origine ellenica.
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Cannole negli studi del Galateo
Nel corso dei secoli, sono stati molti gli studiosi che hanno guardato al Salento e, più in particolare, a quell’area grecofona della Grecìa Salentina che si trova a sud del- la città di Lecce.
Antonio De Ferraris, detto Galateo, grande medico, filosofo e astronomo leccese, nato a Galatone nel 1444, nell’opera De Situ Iapigiae esaltava la propria grecità e quella dei propri antenati.
«Io non mi vergogno del mio cominciamento, sono un greco, e questo forma la gloria mia. Platone ringraziava gl’Idii in ogni cosa, ma soprattutto in queste tre: di essere nato uomo e non belva, maschio e non femmina, greco e non barbaro».
Il vescovo di Taranto, Lelio Brancaccio, nella Relazione dei Greci di Otranto contenuta nel codice Brancaccio di Napoli della metà del XVI secolo, e riportata dal parroco Giulio Cesare Infantino4, scriveva che durante una sua visita presso le parrocchie salentine aveva riscontrato la presenza di un rito greco a Cannole e nei paesi limitrofi. Da quil’evidenza che nella zona si parlasse esclusivamente la lingua greca.
Ai secoli XVII e XVIII risale un restringimento dell’area geografica della Grecìa Salentina malgrado l’afflusso di numerosi immigrati greci sia durante l’occupazione ottomana dell’Ellade, sia durante il regno di Ferdinando IV.
Cannole tra i Decatrìa Chorìa
Nei primi anni del 1800, lo studioso G. Pacelli di Manduria ha tracciato una carta della Grecìa Salentina, elencando i paesi in cui continuava ad essere viva la lingua greca. È da suddetta carta che si ricava come nel XIX secolo, oltre ai nove comuni odierni della Grecìa Salentina, anche Cursi, Sogliano Cavour, Cutro- fiano e Cannole conservavano lingua e tradizioni greche caratterizzandosi come i Decatrìa Chorìa (τα Δεκατρία Χωρία), ossia i tredici paesi di Terra d’Otranto grecofoni6.
In tempi più recenti Don Mauro Cassoni, monaco benedettino cistercense, studioso di antichità classiche oltre che di fenomeni di carattere linguistico, storico ed archeologico, ha dedicato gran parte della sua vita a tentare di salvare parte di quella civiltà che fu maestra nel mondo, prodigandosi per conservare e valorizzare il patrimonio storico e culturale del Salento ed in particolare della Grecìa Salentina.
Durante i venticinque anni di apostolato (1928-1951) esercitato a quotidiano con- tatto con la popolazione della Grecìa, ha attraversato in lungo e in largo l’area grecanica carpendone i segreti e comunicando con la gente in griko, idioma minoritario parlato in questa parte del Salento. Ciò che è stato avvertito da Don Mauro è l’irrimediabile declino della cultura greco-salentina col progressivo abbandono del griko da parte delle nuove generazioni. L’impegno di Cassoni è stato notevole e ricco di significato considerando che il monaco era nato nel 1877 a Norma, in provincia di Latina, dunque non era salentino, e viveva un’epoca in cui il regime allora imperante tollerava a fatica le minoranze linguistiche.
Negli anni immediatamente successivi al dopoguerra, gli studi linguistici di Gerhard Rohlfs, filologo e glottologo tedesco, autore del Vocabolario dei dialetti salentini7, si sono rivelati fondamentali per il recupero di queste minoranze linguistiche. Le ricerche del filologo hanno lasciato ipotizzare un’origine magno-greca delle componenti giunte fino a noi, risalente all’ellenizzazione della penisola, in netta contrapposizione agli studi di G. Morosi orientati a far risalire i greci di Terra d’Otranto all’epoca delle immigrazioni bizantine.
Grazie all’interesse del mondo della cultura, dunque, si è evitato il processo de- vastante e irrimediabile della perdita di identità di questo territorio e del suo idioma. Tali iniziative, intraprese nel secolo scorso, hanno portato il griko al riconoscimento da parte dello Stato italiano come minoranza linguistica ed etnica.
Tra i numerosi studi di Don Mauro Cassoni, uno in particolare riguarda Cannole da vicino, che viene così descritto:
«Cannole, paesello dell’antica Terra d’Otranto oggi Provincia di Lecce giace a metri (100) di altitudine dal mare, con un feudo o territorio di chilometri quadrati di superficie, terreno abbastanza fertile, con più di 1000 abitanti. Sorge su di una posizione incantevole, con orizzonte sconfinato dalla parte del mare che contempla ad occhio nudo, attraverso le ondulate colline, il Lago Alimini e Fontanelle ed aperto ad ogni lato».