Le sagre autentiche: il Manifesto
In riferimento all’autenticità di una sagra, corre l’obbligo di ricordare gli studi di alcuni ricercatori dell’Università di Macerata sulle feste di piazza. Le ricerche, raccolte in un’ampia pubblicazione scientifica in lingua inglese dal titolo Il capitale culturale. Studies on the Value of Cultural Heritage, hanno preso spunto dal Manifesto della sagra autentica, un documento redatto e sottoscritto nel settembre del 2010 a Montecatini Terme (Pt), da Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), Italia a Tavola, Fiepet Confesercenti (Federazione italiana degli esercenti pubblici e turistici), Unpli (Unione nazionale pro loco d’Italia) e vari esperti del settore.
Nel Manifesto vengono elencati sette punti-chiave che mirano a contrastare l’organizzazione di eventi spacciati per sagre dedicate a prodotti tipici, ma che troppo spesso risultano essere appuntamenti dove la tipicità del prodotto e, più in generale, del patrimonio culturale locale vengono sacrificati a favore di un’offerta di cibo a basso costo.
I sette punti-chiave del Manifesto
In sintesi, i sette punti del Manifesto dichiarano che:
«la sagra è parte integrante dell’identità storica di una comunità e di un paese; il cibo, il consumo collettivo e rituale di determinati prodotti carichi di valori simbolici è il motore propulsore della sagra; la sagra non ha finalità speculativa, ma è un veicolo di valorizzazione del territorio e della comunità; la sagra promuove forme di socializzazione e sviluppo collegate alla cultura del cibo locale; la sagra deve svolgersi in un periodo limitato di tempo, deve essere legata a cicli di produzione e consumo e non può avere durata superiore ai sette giorni; la sagra è organizzata e gestita da associazioni senza scopo di lucro, che in concorso con altri soggetti portatori di interesse a livello territoriale, operano con continuità allo sviluppo e alla promozione della stessa attraverso un comitato; la sagra deve rispettare il proprio territorio, facendo attenzione all’impatto ambientale e curando in particolare strutture, uso di detersivi biologici e smaltimento dei rifiuti».
La definizione più intuitiva del Manifesto riguarda il consumo collettivo e rituale del cibo che rappresenta, per l’appunto, il motore propulsore della sagra. Le stesse modalità di preparazione rimandano a un passato vissuto in modo comunitario e a una cultura alimentare percepita come segno di identità.
Come sostiene Tullio Seppilli, il cibo rimanda al senso di radicazione di una comunità, veicola i valori di appartenenza e l’identità culturale di un popolo43. La cucina tipica è, dunque, l’aspetto fondamentale che definisce la specificità di un territorio e che si afferma quale elemento identitario di una località turistica.